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I palinsesti sono invasi da trasmissioni che parlano di cibo. Una ricetta non si nega a nessuno e non manca mai in qualsivoglia trasmissione. La si butta lì tra un ospite famoso e un servizio sull’ultimo atroce omicidio nell’ennesima villetta, senza pensarci. Si parla sempre di mangiare, ad ogni cambio di inquadratura c’è in agguato una frittata alla pizzaiola o un burrito di pollo con guacamole al lime, un cheesecake piuttosto che una rana pescatrice al sugo di pomodoro fresco, delle polpettine di tonno e ricotta seguite da una crostata di fichi caramellati (*). Come va la salivazione?!?
La sapeva lunga Giovenale! “Il popolo due sole cose ansiosamente desidera: mangiare e divertirsi”. Non siamo lontani da quei tempi, anche se tutta la tecnologica modernità che ci circonda sembra suggerire altrimenti.
La grande abbuffata
Secondo il WWF il costo economico diretto dello spreco alimentare ammonta a 750 miliardi di dollari. Secondo la FAO ogni anno vengono perdute o sprecate 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, più di un terzo di quello prodotto. Negli Stati Uniti (da un’indagine del Natural Resource Defence Council) si arriva a buttare via il 40% del cibo acquistato. Sempre secondo la FAO nella nostra decadente Europa si sprecano 180 chili di cibo all’anno per persona, di cui il 42% tra le mura di casa. Noi italiani siamo tra i peggiori. Compriamo, cuciniamo, ci ingozziamo, buttiamo via, spinti da una golosa frenesia. Le nostre papille bramano vogliose l’amplesso con il gusto. Un piatto ben cucinato ci riscatta da una giornata vuota e senza allegria. Mangiare mangiare mangiare. Horror vacui, lo stomaco vuoto mai! Se mi passate la battuta, in fatto di buona cucina, facciamo schifo.
I media
Non è questa però l’immagine che ci viene trasmessa dai media, che in questo panorama hanno un ruolo preciso e importante: quello di ingentilire la crapuloneria, renderla simpatica e addirittura nobilitarla, a volte ammantandola di raffinatezza (ricette delicate e originali proposte da chef patinati, accostamenti leggiadri con sublimi vini d’annata) a volte colorandola del sano buon gusto del popolare (i formaggi artigianali, la sagra della cozza nel paesino medioevale). Ci sollazziamo tra i piaceri della carne (ma anche pesce, frutta, verdura …) presentandoli in modo del tutto accettabile. Cosa c’è di più sano e soddisfacente di una scorpacciata in occasione di una fiera di paese, all’ombra dei nostri avi, ingollandosi di moscardini in guazzetto con polenta sulla piazza a picco sul mare o stramazzandosi di pappardele al sugo di cinghiale e porcini tra i campi autunnali? Sa di famiglia, sa di tradizione! Cosa c’è di più trendy e fashion della cucina raffinata di uno celeberrimo chef (non chiamateli cuochi, per carità, si offendono) tra sale dell’Himalaya, polvere di barbabietola e lingua d’anatra? La gola una volta era addirittura considerata un vizio, ma se ne parliamo nel modo giusto risulta plausibile, anzi affascinante. Non fraintendetemi: anche a me piace mangiare e bere, apprezzo la buona cucina, la cena con gli amici, etc. etc. Ma quando è troppo è troppo. “Il veleno sta nella dose”, diceva Paracelso, e in questo caso la dose è eccessiva, tale da disgustare. Temo di risultare moralista, me ne prendo il rischio. I media, che lo vogliano o no, hanno una responsabilità sociale, possono usarla per il meglio, oppure puntare sugli istinti primari per attirare òdiens e ricavi pubblicitari o da abbonamento.
E già che ci siamo parlo di un’altra cosa che mi disturba molto. Cosa dovremmo pensare di chi tratta malamente, addirittura umilia una persona che gli è stata affidata per imparare? Anche se è un cuoco famoso (perché se si comporta così non merita di essere chiamato chef). Anche se ci sono le telecamere accese. Anche se dall’altra parte ci sono milioni di persone che si trastullano nel proprio sadismo. E’ solo fiction? Non sono fiction i comportamenti di mille piccoli despoti, ispirati il giorno seguente dal modello in tivù. Come dice il mio amico Andrea, la stima non è dovuta, il rispetto sì. E così dovrebbe essere.
Gli antichi romani nel XXI secolo
Il cibo ha solo due concorrenti dal punto di vista della fregola smodata: il calcio (campionato italiano di calcio serie A e serie B, Coppa Italia, Europa League, Champions League, Premier League, Bundesliga, Copa del Rey, Coppa Libertadores, Campionati Europei, Mondiali, gironi di qualificazione …) e il sesso (qui mi astengo da liste dettagliate dedicate alle numerose opportunità e varianti, ma sappiamo tutti di cosa sto parlando, non è vero?). Panem et circenses, per non pensare ad altro.
Bah; vado a bermi un bicchiere d’acqua; naturale; dal rubinetto.
Photo credits: nonciclopedia, community.comicbookresources.com
(*) da Giallo Zafferano