Vi piace il nuovo colore dell’icona di Spotify? Che ne pensate del nuovo logo di Google?
Ogni tanto le aziende decidono di rifarsi il look; è sempre successo, ma nel digitale, come spesso succede, è tutto un po’ diverso. Diversamente che dall’ambiente analogico, dove una modifica del logo o della linea grafica viene di solito annunciata e discussa, i big di Internet usano procedere senza alcun preavviso. Ti svegli una mattina ed è cambiata una tinta o un font.
Questi cambiamenti improvvisi hanno un effetto maggiore rispetto a quanto succede nel mondo della tradizione: il nuovo logo o la nuova icona possono creare un fastidioso senso di estraniamento e anche delle difficoltà pratiche, perché queste icone, questi favicon, queste immaginette, queste edicole votive del nostro secolo, sono la destinazione naturale del topino o del pollice per miriadi di utenti per decine o centinaia di volte al giorno. E’ come cambiare inaspettatamente la posizione del frigorifero in cucina; come farò a trovare l’acqua quando mi sveglio di notte?

Vogliamo credere che ci siano delle ottime ragioni per prendere queste decisioni e che non sia semplicemente un modo per tenere a bada il protagonismo dei colleghi del marketing.
Perché alla scuola dove sono cresciuto io si insegna che tutto quello che gira intorno al brand va trattato con grande prudenza e modificato solo quando c’è una ragione impellente per farlo.
A whiter shade of pale
Prendiamo il caso di Spotify. Ha preteso un update della app solo per cambiare il colore del logo. Sulla rete si dice che il vecchio verde non piaceva al fondatore che pensava fosso troppo broccoloso, mentre trovava quello nuovo più moderno; verrebbe da dire più fashion, più trendy, più balance … E Google? In questo caso pare che le ragioni per il cambio di tutta la linea grafica siano più solide e abbiano alla radice la radicale conversione al mobile del gigante dei motori di ricerca. Un nuovo font, più visibile e leggibile su schermi piccoli, una dimensione in byte decisamente più misurata per non creare problemi in caso di connessioni a singhiozzo.
L’abito e il monaco
Questioni di pura estetica? Un bambino non si preoccupa degli abiti che indossa o del taglio di capelli; forse proprio per questo, sta bene sempre e comunque. Passa il tempo, le giunture si usurano e ci ritroviamo dal parrucchiere a scegliere il colore della tintura, o davanti allo specchio misurando l’accostamento delle tinte della camicia con quel blazer un po’ troppo chiaro che ci siamo fatti indurre a comprare. Forse è così anche per le aziende del digitale, nate come “new”, new economy, new tutto, nativi di un’epoca nuova, ragazzini col codino a sovvertire le regole del gioco, inconsapevoli e felici del modo in cui si presentavano al mondo. Adesso il codino magari c’è ancora, ma la calvizie avanza sul resto del cranio e i rivoluzionari che volevano cambiare tutto si ritrovano adulti, a riflettere sull’apparenza.
Photo credits: CreativeMarket.com