L’illusione e la speranza

Questo è stato un anno davvero difficile per tutti e sicuramente anche per me. A pochi giorni dalla fine del 2020 vorrei dunque fare delle considerazioni in diretta dal cuore, così come richiede un periodo davvero particolare.

Per alcuni (molti?) di noi le difficoltà sono state davvero gravi. E’ difficile accettare le limitazioni della libertà personale, le battute di arresto, le perdite, i timori e le paure, le sofferenze e i problemi che non si può o non si riesce a risolvere.

Mi sorprendo ogni tanto a ribellarmi a quello che è successo in questi mesi. E’ probabilmente futile, ma è nella natura dell’uomo volere sempre di più e tutto sommato io spero di non arrendermi mai alle difficoltà, senza la speranza di poterle rovesciare. Insomma, rivendico la capacità di non rassegnarmi, nelle cose piccole come nelle grandi. Potremmo anche chiamarla speranza, in una versione un poco acida e rivendicativa.

Non rassegnarsi significa anche non illudersi, inducendo sé stessi a credere che in realtà si tratta solo di accidenti, fenomeni di passaggio sotto i quali c’è una struttura più vera della realtà che rende insignificanti gli infiniti inciampi che costellano i nostri giorni. La natura dell’uomo è fatta anche di infelicità, leopardiana costante compagna, cui non c’è modo di sfuggire con credenze consolatorie. “Trovare la felicità tra le persone intelligenti è la cosa più rara che conosco” chiosava Ernest Hemingway. Ho frequentato e approfondito le filosofie orientali, che sostengono che la vita è altrove. Appunto; e allora non mi interessano.

È anche la ragione per cui la considerazione che c’è chi sta peggio non ha mai consolato nessuno. Perché dovrebbe? Sarebbe odioso in quanto userebbe il disagio degli altri per sostenere la propria felicità. La sofferenza personale è assoluta, nel senso che non è paragonabile e oggettivabile. Piuttosto, la propria esperienza può e deve creare empatia e solidarietà, uno sguardo che comprende, accarezza e sa stare vicino. E’ giusto e doveroso conservare un’ampia riserva di attenzione per chi, effettivamente, sta peggio, qualunque siano i nostri guai. La pena dell’insensibilità è un’esistenza sterile e spesa a difendere il proprio sempre più angusto spazio vitale.

Per cui teniamoci stretta l’esperienza delle cose che abbiamo visto e delle persone che abbiamo conosciuto nelle circostanze e nei momenti più difficili di quest’anno; dobbiamo tenere alle nostre ferite come alla parte più vera di noi, insieme alle nostre gioie più sublimi, entrambe ci faranno preziosa compagnia finché avremo fiato.

Nonostante tutto mi rifiuto di classificare il 2020 come un anno perso. Io, Alessandro, mi porterò nel 2021 un patrimonio formidabile. Le persone che mi hanno voluto bene e che mi sono state vicine fino in fondo, prime fra tutte il tesoro inestimabile della mia famiglia. Quelli che hanno teso una mano anche quando non dovevano, o non gli conveniva. I semplici conoscenti che si sono rivelati veri amici, gioielli di cui non sospettavo la brillantezza. La capacità ogni mattina (quasi sempre) di liberarmi dei fantasmi della notte e trovare la voglia e la passione per voltare pagina. Lo sguardo che è capace di non tremare anche quando le garanzie e le assicurazioni vengono meno, per misurarsi alla pari con qualunque circostanza la sorte vorrà proporre. Lo stupore di scoprire come il mondo sia grande, immenso e meraviglioso e come ogni perdita sia anche l’innesco per una nuova avventura. E infine alcune persone in camice bianco e verde, angeli sulla linea del fronte dotati di un pozzo infinito di pazienza, umanità e passione. Questo post, oltre che alla mia famiglia, è dedicato in particolare a loro, ai medici e agli infermieri dell’UTIC dell’ospedale di La Spezia.

Non porterò nel 2021, non voglio portarmi, il ricordo degli altri, di quelli che hanno fatto detto pensato la cosa sbagliata, al momento sbagliato, nel modo sbagliato, e chi potendo, non ha fatto quello che doveva. Ignoranza, stupidità, noncuranza … il loro pensiero non appesantirà il mio zaino. Ognuno alla sera va a casa con sé stesso, può essere una benedizione o meno, e per dirla tutta non sono certo io a potere giudicare qualcosa o qualcuno, sa il Cielo se non ho anch’io la mia buona dose di povertà e fallimenti. In questo mi consola un’altra citazione del mio adorato Ernest “The first draft of everything is shit” la prima bozza di qualunque cosa è inevitabilmente una stronzata, vale anche per la vita.

Nel fango di quest’anno che volge al tramonto sono cresciuti dei fiori. Per chiudere vorrei dunque ricordare un’iniziativa cui tengo molto, a cavallo tra musica e solidarietà, una musica che parla di sogni, speranza, infanzia e umanità, una solidarietà diretta a un’associazione di famiglie che lottano contro una malattia che colpisce i bambini rovinando i loro sogni e la loro speranza, ma che è troppo rara per suscitare interesse e attenzione.

Basta cliccare su questo link e seguire le istruzioni per iniziare il 2021 con un piccolo tesoro in tasca.

2 pensieri riguardo “L’illusione e la speranza

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