Ho letto: The guitar players

Convinto di voler imparare a suonare la chitarra, il ragazzo esce e ne compra una in offerta speciale a dodici dollari.

Va a casa, ci prova e non riesce a capire il motivo per cui non è in grado di prenderla semplicemente in mano e suonare la cosa che ha in testa, sembra così facile! Lui comunque non si arrende e continua a suonare. Dopo due o tre settimane ancora non riesce a ottenere due note buone una in fila all’altra, niente che assomigli a una melodia, e le sue dita fanno sempre più male.

Forse allora si stuferà e smetterà, la chitarra andrà alla deriva verso l’armadio o il mercatino dell’usato; forse invece cercherà un insegnante, aspettandosi che in 30 minuti a settimana riesca a fare tutto quello che il ragazzo si aspetta da lui. Certo non gli verrà in mente di pasticciare con la chitarra tra una lezione e l’altra. Alla fine lo strumento finisce nell’armadio di prima.

Così non funziona, devi metterci il tempo; devi investirci il tuo tempo. E’ molto semplice, la maggior parte delle persone non ha la tenacia o la testardaggine per insistere. Dovete imparare le linee melodiche da una parte, e gli accordi dall’altra; e dovete imparare a padroneggiare la tastiera prima di arrivare alle une e agli altri.

Ci vuole molto tempo, e si deve pensare da subito ai propri limiti, prima di poter fare qualcosa. Ci sono sempre talmente tante decisioni da prendere su come suonare una nota o una melodia, che si può finire in acque belle profonde prima di rendersene conto.

Dopo il giusto periodo di tempo il musicista principiante sente una piccola differenza che si fa strada nel suo suono e quel poco di ispirazione che ne ricava è sufficiente per andare oltre.

Ma la prima e ultima cosa che devi sapere è che non ne uscirai. Certo, il problema più grande è iniziare, ma anche in seguito ogni volta che sentirai dei chitarristi, sembrerà sempre che suonino tutti meglio di te.

Wes Montgomery in un’intervista con Ralph Gleason
pubblicata su Guitar Player dopo la sua morte.

Dedicato ai calli sulla punta delle mie dita; a tutte le volte che ho pensato “non riuscirò mai a suonare così”; alle ore spese a imparare un singolo porco paio di battute; alle diteggiature distribuite su 5 e a volte anche su 6 tasti; alla schiena che dopo mezz’ora fa già male perché la chitarra non è certo uno strumento ergonomico; alla mia Raspagni del 1980; a quelle poche poche poche volte in cui le mani sembrano sapere da sole quello che devono fare, le dita arrivano sempre al punto giusto con la giusta velocità, le note fluiscono, il ritmo incalza, armonia, melodia, accordi e contrappunto, basso ostinato, basso alternato … e nasce la musica, la stupenda armoniosa gioiosa musica che benedice la mia, la nostra esistenza.

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