Cin cin

Inizio l’anno con una puntata polemica. Si sono sprecate, le polemiche, per lo spettacolo di capodanno di Rai Uno, nato male e finito peggio.

Uno dei conduttori, Claudio Lippi (gli altri erano Amedeus e Rocco Papaleo) si è sentito male poche ore prima dello spettacolo e ha dato forfait; un SMS con una bestemmia ha passato indenne i controlli ed è stato trasmesso in diretta sulla striscia di fondo; un altro SMS ha fatto il peggior spoiler immaginabile sull’ultimo Star Wars (che ovviamente non ripeto); e dulcis in fondo l’inizio del nuovo anno è stato annunciato con un bel minuto di anticipo.

Di tutto questo oggi sono piene le cronache. Non ho trovato invece chi denunci un altro vulnus all’integrità dei telespettatori perpetrato dall’ammiraglia della TV di stato in questa trasmissione a cavallo tra i due anni, a chiudere malamente quello vecchio e iniziare peggio quello nuovo.

La trasmissione andava in diretta da Matera per festeggiare la scelta della città a capitale europea della cultura per il 2019. Capitale europea della cultura: decisamente appropriata, dunque, la scelta del trio di conduttori. Faccio fatica a immaginare personaggi più rappresentativi per presentare all’Europa intera l’aura culturale, l’eredità intellettuale che circonda e accompagna il gioiello della Basilicata. Questa è la nostra cultura, l’Italia patria della bellezza, del buon gusto e delle arti perfettamente riflessa nello sguardo dell’Amedeus, nella facondia retorica del Lippi e nell’ironia del Papaleo.

Ho voluto intuire un barlume di logica e sono andato a controllare se fossero magari tutti e tre originari della regione. Macché. Amadeus è nato a Ravenna, Claudio Lippi a Milano. Si salva solo Rocco Papaleo, nato a Lauria. E allora?!?

Come ha reagito la RAI a tutto questo scempio? Ha sospeso il responsabile degli SMS. Evidentemente esiste un responsabile degli SMS, mentre per la cultura sui canali nazionali nessuno rivendica alcuna paternità. Non voglio fare lo snob, sa il cielo se anch’io ogni tanto sbaglio i congiuntivi e metto l’apostrofo davanti a “un” maschile; e neanche ne faccio questione di reti pubbliche e pagamento del canone, perché le reti commerciali non fanno certo meglio.

Il punto è che proprio come l’arte è ormai soffocata dai sedicenti talent show, molto più show che talent, così la cultura interessa solo quando fa spettacolo; alla fine resta lo spettacolo e la cultura chissà. Non basta Rai5 e non deve bastare; se la cultura non diventa il tessuto connettivo delle cose normali, delle cose di tutti i giorni, diventa una lingua straniera incomprensibile, un ghetto circondato da mura che non serve a nulla. L’Italia è stata grande perché faceva le cose che facevano tutti gli altri popoli, le cose necessarie della vita, ma le faceva … belle! Le case, le strade, i luoghi della vita comune, come testimoniavano in modo sublime i Sassi alle spalle dei conduttori. C’è un modo di mangiare che è ingozzarsi ingordo, atto fisiologico, e si accontenta del primo piatto disponibile; c’è un modo di mangiare che dà significato alla vita, le conferisce energia e richiede le terracotte armoniose che ammiriamo millenni più tardi. C’è un modo di divertirsi che dimentica tutto per perdersi nell’idiozia compiaciuta soddisfatta di sé stessa, che è la prima bestemmia, prima di quella esplicita trasmessa in diretta nazionale; c’è un altro modo di gioire, in modo consapevole e proprio per questo più pieno e anche più divertente. Richiede che ad alzare il calice del brindisi sia tutto me stesso, lo stomaco, ma anche il cuore e la testa. Si chiama cultura, non rinchiudiamola in un canale specializzato.

Photo credits: http://www.italia.it

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