Ho messo via

Saper dire di no è diventata una questione di sopravvivenza.
Rifiutarsi al diluvio di notizie, contenuti, notifiche e update, sottrarsi alla marea montante di annunci, novità, segnalazioni, last minute, breaking news e breaking balls. Ti interessa sapere …? No grazie. Le 10 migliori app del primo trimestre 2015? Ne ho già fin troppe sui miei device, e ne uso neanche un decimo. Un importante articolo sui linguaggi più popolari nell’ambito dei big data? Fa niente, me lo perdo.

Digitale sul digitale sul digitale …

Mi tengo informato su tutto quello che succede nel mondo del digitale, un po’ per mestiere un po’ per passione. Ma l’informazione digitale sul digitale è diventata un’ossessione, un incubo affannato popolato di news outlet, portali specializzati, siti verticali, forum specialistici e blog generici. Ogni  fonte fa del suo meglio per essere ascoltata, per strapparci un momento di attenzione. Lo fanno in modo sempre più insistente, curano la forma grafica, offrono white paper e e-book in omaggio, ultime novità , sconti mirabolanti, app scaricabili a vista, qualunque cosa per ottenere l’accesso alla nostra casella di posta elettronica.

Ciascun atomo divulgativo si moltiplica come l’idra dalle tante teste. Ogni ruttino informativo viene Overload informativoclonato e rilanciato su social network, canali di informazione, aggregatori, che le ripetono e lo amplificano. La stessa notizia finisce per assalirci da tante parti diverse. Contenuti digitali sui contenuti digitali, una sorta di acronimo ricorsivo che si nutre di fissione informativa incontrollata.

Quanta parte di questi contenuti è effettivamente interessante? Nelle ultime vacanze di Natale mi sono preso un po’ di tempo e ho calcolato che più o meno leggevo un articolo ogni venti o trenta proposte, a seconda delle giornate. A volte non succede niente, calma piatta, sole messicano, ma chi di informazione vive qualcosa deve pur dirlo e a me toccava spendere del tempo per capire che non c’era nulla che valesse la pena leggere o guardare. Il semplice atto di consultare un titolo per decidere se era il caso di approfondirlo consumava tempo prezioso. Addirittura, cancellare email, newsletter e alert senza neanche aprirli era diventata un’occupazione quotidiana, breve quanto si vuole ma continua e distraente.

Peraltro se effettivamente succede qualcosa di interessante non c’è rischio di perderlo, perché viene lanciato, rilanciato, condiviso, retweettato e notificato in mille salse.

Cosa significa “interessante”?

Ma poi cosa vuol dire “interessante”?  Tutto è interessante o può essere reso tale. Da quando l’informazione è digitale diventa facile e economico elaborarla e trasmetterla; troppo facile e io non ho tempo, né “interesse”, a condannarmi a una vita da recensore, da bibliotecario digitale, un’esistenza spesa ad abbeverarsi di materiale avvincente, notevole o semplicemente curioso.

“Interessante” non è il criterio giusto per discriminare ciò di cui voglio essere informato. “Interessante” non basta. Occorre andare oltre.

Ora basta

Mi ci è voluto un paio d’ore buone, ma un bel giorno a cavallo tra Natale e Capodanno, invece di ingozzarmi di cotechino e panettone, ho fatto il pieno di unsubscribe e ho spazzato via senza pietà tutte le newsletter invise alla mia furia emailclasta.

Si è salvato pochissimo: tra gli altri Wired, The Next Web, i bollettini di O’Reilly su IoT e Big Data, un paio di gruppi di Linkedin. Ho cercato di proteggere le fonti che propongono riflessioni e spunti di ragionamento, ma sono stato spietato nei confronti dell’informazione pura.

Sono passati tre mesi da quel giorno fatidico, e … non è successo nulla. Ho salvato montagne dProusti tempo, e oceani di fastidio. Ho la sensazione, diciamo pure la convinzione, di non essermi perso molto. Anzi, grazie alla distanza che ho frapposto tra me e il fronte informativo  ho capito che in questo periodo non sta succedendo granché nel mondo del digitale, tra un orologio e l’altro. Il tempo ritrovato l’ho dedicato a leggere materiale che ho deciso in modo attivo di ricercare e consultare. Già, perché grazie alle ore aggiuntive di cui dispongo, ho riattaccato Proust, che di digitale ha poco, ma solo in apparenza, e di questo parleremo un’altra volta; chissà che questa non sia la volta giusta per leggerlo fino alla fine.

Disclaimer: se mai ci fu un post autolesionista è questo. Anch’io, è ovvio, attraverso questo blog faccio la mia parte, aggiungendo il mio rivolo di riflessioni sul digitale all’oceano dell’informazione sul tema. Con modestia, ma pervicacemente. Ebbene, se volete seguire il mio esempio, procedete pure; se queste righe non riescono a essere qualcosa di più che interessante, non valgono la pena di essere lette. Per conto mio,  farò del mio meglio per scrivere solo quando penso di avere qualcosa da dire. Vi lascio al Liga.

 

Photo credits: vangelistimarketing.com

One Reply to “Ho messo via”

  1. Essendo nato sull’Appennino Bolognese 62 anni fa, ho vissuto larga parte della mia esistenza in un mondo “analogico” e, per un breve tratto, assolutamente ecosostenibile. So quindi per esperienza che, anche se attualmente il digitale mi appassiona, è possibile vivere senza. Concordo con te sul fatto che la “valanga informativa” che ci sommerge vada tenuta sotto controllo. Riguardo la strategia da adottare, possiamo ispirarci a quella dei nostri vecchi che quando andavano al mercato incontravano tante persone, tutte disposte a fare quattro chiacchiere, ma si fermavano a parlare soltanto con coloro con i quali avevano da affrontare temi di concreta rilevanza. A presto.

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