Un riuscito binomio di scienza e spettacolo, l’astrofisica che sposa Hollywood, relatività e meccanica quantistica a braccetto con star da Oscar. Il film già negli stadi iniziali della progettazione ha assistito a una virtuosa collaborazione tra scienziati e cinematografari, ben illustrata da un questo articolo su Wired.
Divertimento garantito, oltre a questo ci sono alcuni punti importanti che si possono portare a casa alla fine della visione [no spoiler]:
- la realizzazione che, come ha sempre sostenuto Albert, tutto è relativo (questa era facile)
- la conferma che la forza più grande dell’universo, o forse è meglio dire quella meno relativa, è l’amore di un genitore per i propri figli
- avete mai visto come è fatto un buco nero o un wormhole nella realtà? li vedrete nel film e ci sono poche probabilità che
li possiate vedere da un angolo di osservazione più vicino. E’ vero che anche la probabilità è relativa, ma in questo caso, vi assicuro, meglio accontentarsi
C’è un “take away” di Interstellar che però mi ha colpito particolarmente, ed è la differenza tra scienza e tecnologia, una distinzione che oggigiorno è facile perdere nel tourbillon di annunci di nuovi fantasmagorici prodotti, appunto tecnologici. Si parla tanto di tecnologia, è sotto i riflettori, mentre la scienza viene citata, e di sfuggita, solo nei giorni in cui vengono assegnati i Nobel o quando succede che venga nominato un direttore generale del CERN italiano, e donna.
Mentre dunque altri film del filone fantascientifico si perdono tra gli specchietti autoriflettenti di gadget e robottini, Interstellar mostra un futuro dove la tecnologia è migliore di quella attuale, ma non particolarmente attraente. Dedica invece tempo e pathos alla scienza, questa sconosciuta, riuscendo a rendere intellegibili allo spettatore medio principi scientifici che presi di per sé possono risultare, anzi sono, astrusi. Per intenderci, il sottoscritto ha formazione umanistica, eppure è riuscito a seguire senza troppa fatica.
Scienza vs. tecnologia: non ne voglio fare una questione di definizioni, ma di impatto.
La tecnologia incuriosisce e stupisce, la scienza affascina. La tecnologia conosce l’interpunzione dei punti esclamativi, la scienza si nutre di punti interrogativi. La scienza vive dei propri errori, perché ogni esperimento fallito permette ad altri di scartare le ipotesi sbagliate; nella tecnologia un errore è un flop e basta. La scienza rimanda alle domande ultime, anche se non è in grado di soddisfarle; la tecnologia ci abilita, ma non ci avvicina al nostro senso definitivo. La tecnologia dipende totalmente dall’uso che ne facciamo, può migliorare il modo e il mondo in cui viviamo, ma può anche distruggerlo; la scienza si concede, anche se non sempre, di essere supremamente inutile, insegue qualcosa di così effimero, inconsistente e sublime come la comprensione. Si accontenta di capire, senza per questo voler cambiare alcunché.
Proverò a ricordarlo, ogni volta che scarico una nuova app o acquisto un nuovo device. Dietro a questi oggetti, così come alla polvere sulla mia scrivania o alla luce che mi illumina, c’è un mondo di neutrini, bosoni e gluoni, che vale la pena conoscere meglio.
Complimenti, questo post dice una grande verità e non parlo di Interstellar che non ho avuto ancora modo di apprezzare.
La scienza, la ricerca, è quella scintilla che spinge gli uomini ad indagare l’ignoto, a dimostrare congetture e ipotesi utilizzate dalla tecnologia a piene mani spesso senza chiedersi neanche il “perché” le cose funzionino o da quali basi logiche siano tenute in piedi.
Recentemente ho riletto un libro a me molto caro, si chiama “uomini e macchine intelligenti” di Jeremy Bernstein. lo consiglio a chiunque si occupi di tecnologia senza comprendere la scienza che ha portato alla sua realizzazione, agli interrogativi ancora irrisolti e ai limiti, anche filosofici, che la ricerca porta con se. E’ anche il miglior libro per studiare la storia dei calcolatori e degli scienziati, uomini superiori alla media in tutto che hanno contribuito a crearli, e fa riflettere, o almeno a fatto riflettere me, di quanta superficialità ruoti attorno al mondo tecnologico. In ogni caso il libro è questo http://www.adelphi.it/libro/9788845907890
Ma visto che si parla di scienza, mi sento di suggerire un’altra lettura, stavolta un po’ più impegnativa, che fa comprendere come la ricerca sia fondamentale. Certo si tratta di un libro che solo pochissime persone potranno apprezzare nella sua interezza, ma saltando le parti composte da astruse formule rimane una avvincente storia della soluzione di un problema matematico e della ricerca nel più astratto dei campi. Il libro si chiama “Il teorema vivente” di Cédric Villani ed è propriamente un’avventura matematica. Al di là della soluzione del problema in sé, risolto dall’autore nel suo racconto, questo libro fa sentire piccoli e dovrebbe essere letto da tecnopatiti e socialfighette, perché la scienza è un’altra cosa e gli algoritmi (come ben spiegato in questo blog) non sono solo saper mettere in croce quattro righe di html, php e quant’altro, ma solide rocce poggiate su una prato di analisi e logica (nel senso matematico del termine). comunque il libro è questo http://www.rizzoli.eu/libri/il-teorema-vivente/
chiudo questo commento più lungo del post ringraziando per lo spazio, per i continui spunti di riflessione e per aver trattato questo argomento, seppur partendo da un film Holliwoodiano… ma si sa, nessuno è perfetto:)
Grazie Tommaso, era un po’ di tempo che non intervenivi … e mi mancavi!
Sono contento che tu abbia apprezzato lo spunto, perché soprattutto in questo periodo di Natale (è iniziato l’Avvento!) vale la pena rilanciare un po’ oltre, al di là dei freddi gadget in carta regalo, che sotto l’albero sembrano belli, ma vuoti. Insomma, uno ci può credere o meno, al Natale, ma prenderlo comunque come uno spunto per andare al di là della sagra del regalo figo. Chiedendosi cosa c’è dentro, come funziona, e perché. Anche questo secondo me è Natale.
A questo punto mi hai stimolato ma devi darmi il tempo di leggere i libri che citi, magari durante le vacanze. Se non ce la faccio, perché la mia preparazione umanistica arriva fino a un certo punto, chiederò aiuto a due persone giovani, ma che amano la scienza, e che hanno visto il film insieme a me quasi sempre in punta di sedia. Totalmente affascinati.