L’aria di Natale si fa strada faticosamente tra la nebbia greve della crisi, che persiste e non vuole andarsene. Ormai dobbiamo ammetterlo: se si trattasse solo di crisi economica, sarebbe passata da un pezzo. C’è ben altro in gioco: sono in crisi gli atteggiamenti, i modelli, i piani industriali, le strategie aziendali, l’equilibrio tra pubblico e privato, lo stato sociale, il modo in cui guardiamo al lavoro e il modo in cui il lavoro guarda noi. Harry Potter è morto, lo Hobbit non vale Il Signore degli Anelli, il cinema italiano ha successo solo quando fa ridere, l’hit parade è in mano a brufolosi cantanti mediocri resi interessanti solo dalla luce dei riflettori, e le squadre italiane quando vanno in Europa arrivano se va bene ai quarti. Mamma mia che depressione!
In questo contesto, una recente visita al centro commerciale mi ha insegnato che i Re Magi di Thun vengono via a quattrocentosettanta euro, e che nei negozi di intimo ti fanno uno sconto proporzionato alla misura del reggiseno, pur fermandosi fortunatamente al 60% accordato alle seste. Dal che ho dedotto che se questo è lo spirito delle feste, è in crisi pure il Natale.
Ancor più grave, almeno sotto lo specifico punto di vista di questo blog, ad oggi non ci sono novità tecnologiche degne di un pacchetto sotto l’albero. I televisori 3D si avviano verso il limbo delle promesse mancate; gli smartwatch che sembravano lì lì per decollare sono ancora immaturi e rischi l’effetto ridicolo a parlare nel polso durante il cenone; contavo sui Google Glass, ma per averli bisogna iscriversi a una sconfinata lista d’attesa; se poi sei fortunato abbastanza da riceverli, devi pagarli una badilata di soldi, che al confronto l’iPhone lo usi per tenere aperte le porte quando c’è vento. Infine, secondo le indiscrezioni, le applicazioni per i Glass ormai hanno preso il volo verso il pecoreccio. Effettivamente, a pensarci, c’era da aspettarselo, il porno è già il re del web; ma trovo davvero squallido il pensiero di stare lì con gli occhiali … va beh, lasciamo perdere.
Non è dunque la tecnologia che salverà questo Natale, non è l’eccitazione di uno strumento inedito che dà la speranza, o l’illusione, di un nuovo rapporto con il mondo, più libero e efficace. Non è certo l’economia, va da sé, siamo tutti lì nei supermercati a comprare i prodotti white label e il prosecchino al posto dello champagne, che magari sono buoni uguali ma insomma lasciano l’impressione che l’inverno sarà ancora lungo e che le scorte nel granaio potrebbero non bastare. Non è nemmeno l’arte, perché ricordo ancora quando ho messo sul piatto Born to Run, e da allora il rock è solo peggiorato, perdendo fiato e idee. Non è lo yoga, l’antiaging, lo sport, lo sport estremo, la politica (figuriamoci), l’ennesimo santone, lo zen, gli scemi che si muovono sulle pedane …
Navigo nel cyberspazio, scruto satellite e digitale terrestre, consulto i motori di ricerca, corro a visualizzare le notifiche … non si avvistano comete all’orizzonte.
Bene, allora farò così: nella notte di Natale spegnerò smartphone, tablet, fibra ottica e wifi. Spegnerò il forno, il forno a microonde (il frigorifero no perché altrimenti vanno a male i gamberetti per il cocktail di Capodanno). Spegnerò la cornice elettronica con le foto delle vacanze, la wii e l’Xbox, PC e navigatori, macchina del caffè e decoder, sia digitale terrestre che satellitare. Lavatrice e asciugatrice. Ampli della chitarra, batteria elettronica, registratore multitraccia, pedaliera multieffetto POD HD500. Ferro da stiro. Carica batterie vari. Spegnerò tutto quello che distrae, assorbe energia, ronza, resta in stand by ad aspettare. Spegnerò con gusto il televisore, telegiornali talk show quiz talent show pubblicità. Poi staccherò anche la spina perché per la tv non voglio correre rischi che si accenda sul più bello contro la mia volontà.
Dopo tutto il resto, spegnerò anche la luce. Poi farò silenzio, per ascoltare cosa è rimasto. E magari sarà rimasto lui: il Natale. Buon Natale a tutti.