Torno da un giro in bici allietato dal clima finalmente gradevole di questa primavera in ritardo.
Ho attraversato una zona della città contraddistinta dai nomi delle vie intitolati a montagne italiane: Via San Gottardo, Via Cervino, Via Dolomiti, Via Monte Bianco e così via.
Che sforzo! Perché piuttosto non ci si prende il rischio di inventare una urbanistica fantastica?
Via dell’Allegria. Corso delle Lavandaie Stanche. Corso in Ritardo. Piazza delle Occasioni Perdute. Viale Inutile. Via dell’Indipendenza Assoluta. Piazza della Gravità. Vicolo Cieco. Vicolo Muto. Via Nostalgia. Via di Qui. Piazza delle Tovaglie a Fiori. Via dell’Orda Lorda (post-punk). Piazza dei Film dell’Orrore. Potrei andare avanti ma sono sicuro che basta, nel senso che a proposito di fantasia molti di voi potrebbero fare sicuramente di meglio.
Il numero chiuso, il limite intrinseco del numero delle vie di una città spinge chi di dovere ad adagiarsi sull’ovvio, sul risaputo, dove non ci si può sbagliare ma poco si aggiunge al carattere di una città.
Di contro, l’infinito numero di nomi disponibili sulle vie della rete, ogni URL una via, ogni pagina un numero civico, ha prodotto un caleidoscopio scoppiettante di toponomastica; architizer, healthyplaces, mindmixer, kickstarter, almeno nella versione inglese. Devo dire, ho perso qualche minuto per elaborare una lista di siti italiani dal nome accattivante, ricavandone l’impressione che dalle nostre parti ci si ispiri troppo all’inglese, oppure si privilegi la chiarezza, tipo http://www.fotografiadigitale.it. Cito quello che mi piace dalla lista della fiera delle startup che ho citato l’altro giorno: upendu, notarOK, gastromama.