L’altro ieri ho fatto un giro allo IAB Forum, un appuntamento annuale che non manco quasi mai, un po’ per gettare uno sguardo d’insieme su tendenze e novità, un po’ per approfittare della situazione da rimpatriata e incontrare gente che si incontra … appunto, una volta l’anno allo IAB Forum.
Per inciso ho apprezzato il taglio più istituzionale, lo sguardo rivolto alla politica e all’economia. Il settore cresce, Internet non è più roba da ragazzini con il codino o semplicemente l’occasione di portarsi sotto l’ombrellone un device da ostentare; diciamo che non è più “solo” questo, così come è “sempre” stato ben altro, adesso è più chiaro, perciò ci si può e ci si deve confrontare con i temi massimi.
Come sempre apertura istituzionale, centrata sui numeri della crescita, il mercato dell’Internet advertising (dovremmo dire dell’Interactive advertising?) confrontato con l’andamento del mercato pubblicitario generale.
Ma perché questo confronto, che mette l’accento sulla valenza della comunicazione on-line proprio in quanto appartenente a un mercato specifico, quello appunto della pubblicità? E’ scontato che sia così?
Uno se lo sceglie un po’, il mercato in cui competere; in qualche misura, soprattutto quando nasce e muove i primi passi, si autodefinisce. Qualche anno fa poteva anche essere un’aspirazione confrontarsi con Madison Avenue, con i palazzi di cristallo e gli uffici ovattati. Poteva essere un’ambizione, per i ragazzini nei garage, definirsi almeno in prospettiva come parte di un ambiente brillante, illustre, rutilante, colorato e trendy. Forse, col senno del millennio dopo, questo è stato un errore. Definirsi come parte di uno specifico mercato vuol dire attingere a una specifica linea del budget del cliente; confrontarsi con prezzi che potranno essere più bassi, difficilmente più alti di quelli in vigore su prodotti a questo punto percepiti come analoghi; rivolgersi a interlocutori nati su culture diverse, con linguaggi diversi che potranno solo ragionare per analogia, mai comprendere fino in fondo; essere costretti a standard di misurazione inadatti, che generano gli equivoci e le confusioni di cui siamo testimoni anche in questi giorni.
Poi succede che il libro di cui ho deciso di essere un capitolo perde glamour. In questi giorni di autunno il mercato pubblicitario perde fatturato con la velocità con cui gli executive del settore, ormai non più giovani, perdono i capelli. L’effetto netto è che la comunicazione su Internet viene soggetta alla stessa selvaggia erosione dei prezzi che ormai conoscono tutti i mezzi, guidata da logiche di intermediazione che non avrebbe mai dovuto accettare.
Peccato, si poteva fare diversamente. Siamo sicuri che non si possa ancora fare diversamente? Perché definirsi come frammento pur in crescita di un mercato in massiccio declino, invece di rivendicare la propria identità di cosa nuove, the next big thing?