Grazie all’indicazione in un commento di Marica ho scoperto una serie di interessanti interviste sul futuro della lettura, che sto leggendo poco a poco.

Cito e traduco dalla prima che ho esaminato, quella di Clay Shirky.

“L’editoria non si sta evolvendo, l’editoria sta sparendo, perché il termine “editoria” indica un insieme di professionisti che affrontano l’incredibile difficoltà, complessità e costo di “pubblicare” qualcosa [qui l’originale inglese funziona meglio perché “Editoria” si traduce con “Publishing” che è riferito all’atto di pubblicare, piuttosto che all’elaborazione del contenuto, come in italiano ndt]. Questo non è più un mestiere. E’ un bottone. C’è un bottone con su scritto pubblica, e quando lo schiacci, è fatta”.

“Il problema non è quello che succederà all’editoria – l’intera categoria è stata marginalizzata. Il problema è quali sono le professionalità che fanno da fondamento necessario alla scrittura”. Poi, fa riferimento al controllo dei fatti, all’elaborazione e così via.

Poi una stoccata agli e-book: “La promessa originale degli e-book non era rivolta al lettore, ma all’editore, “Costruiremo qualcosa che appare su uno schermo ma sarà comunque scomodo come un oggetto fisico”.

Infine “Le istituzioni provano a preservare il problema di cui sono la soluzione [questo è una sorta di principio o legge per cui Clay Shirky è conosciuto ndt]. Gli editori non fanno il mestiere di superare la scarsità, ma di costruire la domanda. E questo significa che quasi tutta l’innovazione in termini di creazione, consumo, distribuzione e utilizzo dei testi viene dall’esterno dell’industria editoriale”.

Accidenti. Voglio evitare di cadere nella trappola “sono d’accordo/non sono d’accordo”, le previsioni apocalittiche piuttosto che salvifiche le lascio ai guru.

Penso però che la scomposizione di tutto quello che sta sotto il cappello “editoria” nelle diverse funzioni che compongono il mestiere sia stimolante. Un po’ perché aiuta a capire meglio quello che sta succedendo: ogni singola funzione resiste, scompare o più spesso si riconfigura, e l’insieme delle funzioni riconfigurate costruisce qualcosa di diverso dal ruolo classico editoriale. Ad esempio il controllo dei fatti risulta ancora più importante che nel passato proprio perché la rete li rende così abbondanti. Mentre la pubblicazione (il rendere pubblico) rimane come prerogativa nel rapporto con le masse, ma inseguita, sostituita e a volte resa irrilevante dal nano publishing, dal micro publishing, dalla trasmissione sui social network, dalla comunicazione per nicchie, segmenti e code lunghe, e così via.

E’ certo però che una parte del mondo editoriale sembra impegnato a conservare le posizioni di partenza, i problemi cui ha dato una risposta da sempre, piuttosto che a inseguire l’innovazione; che a quel punto viene realizzata da altri e diventa dirompente.

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