I fought the law

Il mio reader conta 21 subscription, un insieme di fonti selezionato con molta cura, con un tasso di turnover discreto ma continuo.

Sono i torrenti (a volte fiumi) di informazione che mi aiutano a mantenere le mie competenze sempre aggiornate e a tenermi sempre al corrente di “cosa succede in città”. Un mix tra una maggioranza di fonti scritte, una buona rappresentanza di podcast audio e qualche raro contributo video.

Devo dichiarare però che sono sempre più insoddisfatto delle modalità di comunicazione, del modo in cui i contenuti

vengono formattati e impacchettati.

Stamattina mi sono imbattuto in un podcast (Marketing over coffe) che propone un contributo di 25 (venticinque) minuti. Venticinque minuti ?!? E’ già carnevale? Giusto ieri ho visto uno speech TED, di poco più di 7 minuti (che è già tanto), che propugnava la necessità di sintetizzare qualunque intervento in sei parole, perché TED ha un menu di 1000 interventi, che è troppo per chiunque. Cosa potrai mai avere di così interessante da attrarre la mia attenzione per venticinque minuti? E’ quasi il 3% del tempo che passo sveglio tutti i giorni!

Discorso analogo per i blog scritti. Purtroppo continuano a diffondere guide tipo “7 steps to an even better business blog”, e molti blogger le applicano con devozione. Queste guide sanciscono quante volte devi pubblicare, con che tipo di formato, con quale lunghezza. Il risultato è che tutti i post sembrano uguali, disposti allo stesso modo sulla pagina, con i loro bei paragrafetti e le immaginette carine (ma inutili). Siccome è prescritta la frequenza da mantenere e la lunghezza da garantire, si pubblica anche quando si ha poco o nulla da dire, sforzandosi comunque di arrivare al numero di caratteri prescritto. Che è adeguato per gli argomenti più complessi, ma troppo lungo per gli spunti veloci o i pensieri più semplici.

Anch’io ho consultato queste guide quando ho iniziato questo blog; poi ho deciso di ignorarle, un po’ perché venendo dall’editoria qualche tipo di sensibilità al format dei contenuti ce l’ho già; un po’ perché mi parevano artificiose e con un eccesso di codificazione.

Di conseguenza non divido il contenuti in paragrafi; non aggiungo immagini se non è necessario; inserisco i link solo quando è opportuno; mi sono stufato di aggiungere tag e categorie, perché tanto con la ricerca testuale ognuno trova quello che vuole; se faccio una citazione, non la nascondo ma non la svelo, per lasciare al lettore il gusto del riferimento esclusivo (in questo caso è facile, sono i Clash!); insomma, sbaglierò e me ne scuso, ma lo faccio a modo mio.

E siccome voglio razzolare bene e non andare lungo, la finisco qui. Viva l’autenticità, e buon blogging a tutti.

2 Replies to “I fought the law”

  1. Il bello dei blog è che ognuno è libero di scrivere quel che crede e come crede, per un ipotetico lettore oppure solo per sé stesso. Non ci sono regole, insomma.
    Questo non vuol dire che ogni argomento può essere sviscerato in quattro righe, Bisogna essere veramente molto bravi per riuscirci!
    Non condivido però l’idea che le immagini siano superflue. Certo sono inutili quelle foto puramente decorative che si mettono spesso nei blog aziendali. Se l’immagine è bella e ha un senso non è inutile.

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