Vivere o sopravvivere?

“The winner takes it all” cantavano gli Abba qualche anno fa.

Ci sono alcuni business che fanno una pesante leva sulle dimensioni, oppure dove il “first mover advantage” ha un peso spropositato; o che ancora hanno una formula, un modello tanto più efficiente degli altri, che tendono ad accumulare un vantaggio incolmabile sui concorrenti. Dopo tutto è per questo che sono state create le autorità anti trust, per gestire le posizioni dominanti che inevitabilmente si creano in alcuni comparti e che a volte vengono usate per procurarsi vantaggi in settori adiacenti.

Queste situazioni si creano anche nel mondo digitale; anzi a volte vengono occupati mercati che invece nel mondo fisico erano frastagliati e segmentati. Inoltre, queste posizioni di supremazia si creano con la rapidità sorprendente propria dei bit rispetto agli atomi, e pongono una domanda cruciale ai concorrenti: ha senso provare a competere, oppure conviene perseguire una strategia adattiva, simbiotiche e mutualistiche?

Amazon ha una superiorità evidente nel campo della distribuzione di libri, CD, DVD e non solo. Più cresce, più accumula economie di scala e di efficienza. Ha senso competere su quel terreno? O non conviene piuttosto provare a identificare business che si appoggino su quello di Amazon, trovando una nicchia ecologica che viva e prosperi all’ombra del gigante?

Comincio a sospettare che una sorte simile possa toccare all’industria dei contenuti. Google, per dirne una, non è certo un editore nel senso di produttore e organizzatore di contenuti, ma determina il flusso, il traffico, i modelli di consumo degli stessi. Diciamo che influenza pesantemente chi legge cosa, soppiantando in questo ruolo gli editori tradizionali. Ha senso combattere, cercando di batterlo al suo stesso gioco? Non è troppo  grande, più tecnologico, più efficiente di loro (di noi)? Qual è la nicchia ecologica che gli editori tradizionali dovrebbero potere o volere occupare?

2 Replies to “Vivere o sopravvivere?”

  1. E’ una bellissima riflessione Alessandro. Mi chiedo quale sia il modo migliore per aiutare chi deve decidere a capire che cercare di salvare la poltrona, non è mai stata la risposta migliore alle sfide dell’innovazione. Come convincere chi si copre occhi e orecchie?

    1. Purtroppo non è facile. Nell’attuale fase di confusione abbiamo sotto gli occhi fin troppi esempi di gente, gruppi, movimenti, che reclamano, pretendono il cambiamento … degli altri. E’ sempre stato così, fa parte della natura umana, e nei momenti più difficili si arriva addirittura a quello che la psicologia ha chiamato “distorsioni cognitive”. Nascondo la realtà pur di illudermi che non devo fare nulla di diverso da quello che ho sempre fatto.
      E l’editoria è un settore in cui questi comportamenti abbondano. Un giorno la gente si chiederà: come è possibile che non vedessero quello che sta succedendo? Stava scritto su tutti i muri! Nei giorni scorsi ho citato a un paio di persone il sorpasso dell’Internet advertising sulla pubblicità su mezzi cartacei, come è stato recentemente annunciato. Mi hanno risposto che non è possibile, che deve esserci un errore. Personalmente non sono un grande fan delle statistiche, ma insomma, i numeri sono numeri.
      Non voglio apparire velleitario, ma ho sempre creduto che, come dice il saggio, non puoi cambiare gli altri, per cui devi cambiare te stesso. O come recita una delle citazioni che mi accompagnano da parecchio: “Un tempo combattevo per cambiare il mondo, adesso combatto perché il mondo non cambi me” (di Elie Wiesel). Questo è più facile che nel passato, perché la rete ci offre delle possibilità prima inesistenti: pensiamo alla possibilità di imparare cose nuove. Happy trails.

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