Settimana scorsa ho partecipato al congresso FIPP di Nuova Delhi.
Ci tornerò su per commenti e impressioni, intanto inizio a pubblicare le slide del mio intervento all’interno del panel sulla monetizzazione dei contenuti.
La musica fa più bello il mondo
Settimana scorsa ho partecipato al congresso FIPP di Nuova Delhi.
Ci tornerò su per commenti e impressioni, intanto inizio a pubblicare le slide del mio intervento all’interno del panel sulla monetizzazione dei contenuti.
Tutto giusto, tutto condivisibile, però…
ok, si può puntare sui contenuti add value, lo facciamo anche noi, ma questo significa un totale cambiamento del business. Il content providing è un’attività che non può svolgere un giornalista, ma un ufficio statistico, oppure una società di consulenza. Le case editrici possono affiliarsi a loro e proporre piattaforme comunicative vincenti, ma che fare del passato? non è solo una questione di modelli, ma anche di persone… Quello che lei sta dicendo nella presentazione, tra le righe, è che il modello del giornalismo B2B non ha più motivo di esistere, perché nessuno è disposto a pagare per questo tipo di contenuto. Andrebbe da se, quindi, che il giornalismo dovrebbe essere ripagato in altro modo… magari con la pubblicità, ma per questo aspetterò il suo intervento di domani (in ANES), nella speranza di poter dire ai (pochi) bravi giornalisti b2b che per loro c’è un futuro.
Sì e no.
Questi modelli sembrano così distanti da quello che intendiamo per “editoria” e “giornalismo”, che appaiono come un altro settore.
In parte lo sono e sono stati presentati solo per assonanza, per capire cosa ci insegnano sul modo di farsi pagare i contenuti. In parte no, sono semplicemente un modo diverso di interpretare un mestiere antico, che è quello di raccogliere, cucinare e diffondere notizie e informazioni. Come si fa alla Reuter a distinguere l’informazione “giornalistica” dall’informazione “dati” sulle società quotate etc? E il modello Financial Times non si sta spostando dalla prima alla seconda, guadagnando un pacco di soldi nella transizione? Hanno più dignità editoriale le meteorine o i servizi professionali di elaborazione delle previsioni atmosferiche?
“Sopravviverà il modello giornalistico B2B?” chiedi tu (dai, almeno sul blog diamoci del tu). Io chioserei: sopravviverà il modello giornalistico B2B nel suo format attuale? Io penso di sì, ma sarà un business più piccolo che nel passato, e sempre più piccolo man mano che passa il tempo. Parliamoci chiaro, se quel modello non si stesse contraendo, non staremmo qui a parlarne. Se si contrae, si contrae, Vogliamo sperare che la tendenza si inverta? O che riusciamo a trovare il modo di farci pagare in modo diverso le stesse cose?
Come è stato detto al convegno FIPP; “se continuate a fare le cose che facevate prima, come potete pensare di avere risultati diversi”? Bisogna fare cose diverse, che assomiglino o no al format tradizionale.
Non è solo un problema dell’editoria. Una volta i telefoni servivano per telefonare, ma per una società di telefonia sarebbe perdente sostenere la stessa cosa adesso. E’ un problema per loro? No, solo per quelli che si evolvono male, per gli altri è una grande opportunità. Perché noi dell’editoria dovremmo sentirci fedeli, legati per la vita a un certo modo di fare il mestiere?