Visto si stompi

Sul Corriere Economia di oggi, Malinconico dichiara: “Bene l’AGCOM sulla banca larga” (il grassetto è mio).

Poca dimestichezza con la tecnologia? Orientamento eccessivo alla difesa dei (pur legittimi) interessi economici della categoria? Un avvio difficoltoso dopo le (pur meritate) vacanze? Attendiamo una reazione dall’ABI: Associazione Bande Italiane ?!?

2 Replies to “Visto si stompi”

  1. ottimo spunto di conversazione, gli errori di stampa.
    Però mi piacerebbe sapere la sua su questo tema piuttosto spinoso, che volendo può portare a un piccolo paragone con la situazione economica nazionale (ma proprio a esagerare).

    Gli errori di bozza sono sempre più comuni, sia sui quotidiani, sia sui libri, sia sulle riviste. Perché? perché si è tagliato, e lei dovrebbe saperlo, in maniera importante su una figura professionale: il correttore di bozze. Un taglio dovuto ad almeno due motivi: costi, tempi di produzione. Il correttore è un costo monetario (si può risparmiare facendo fare il lavoro al redattore stesso), ma sopratutto, in un epoca di internet e di news veloci è anche un costo in termini di tempo: velocità non fa rima con accuratezza, semmai con qualità, ma anche qui è tutto da vedere.

    Quindi le case editrici, in un periodo difficile, come prima mossa, hanno operato un bel taglio sui costi (un po’ come fa il governo sulla spesa corrente). Indipendentemente dal fatto che molti costi sono necessari mi sembra che siano mancati però gli strumenti di sviluppo. Lei ha un ruolo importante nell’editoria, quali sono le linee di sviluppo che dovrebbero seguire le case editrici oggi? per limitare il campo, parliamo di un settore ben noto come le case editrici di riviste, dove investire il flusso derivante dai tagli (ove presente ovviamente)? Quali sono le attività ad alto valore aggiunto oggi di una struttura editoriale?
    Ma soprattutto, che dovrebbe fare il governo per uscire dalla crisi?
    scherzi a parte, mi piacerebbe affrontare una seria riflessione sulle leve di sviluppo delle realtà editoriali, tenendo ovviamente conto del fatto che sta cambiando la professione dell’editore.

    saluti Tommaso

    1. Mi propone un tema enorme, davvero più grande dello spunto dato dal post; d’altro canto è difficile dare risposte semplici e chiare, perché se sapessi come risolvere la crisi dell’editoria starei a girare il mondo in jet privato.
      Detto questo, provo a fare un po’ di ordine. In primo luogo è importante distinguere la causa dall’effetto. I tagli ci sono perché c’è la crisi, e non il contrario. Se i ricavi calano dappertutto, o addirittura crollano, e non ci sono nuove fonti di reddito immediatamente a portata di mano, diventa necessario tagliare i costi. A meno che non si accetti di perdere soldi; ma qualcuno alla fine deve pagare e questo discorso in un settore come l’editoria, che ha a che fare con la tutela dell’opinione pubblica, i watchdog della democrazia etc. diventa molto pericoloso.
      Per qualche anno l’editoria si è aggrappata ai panini (libri, DVD, etc.) come fonte di reddito aggiuntivo e immediatamente disponibile per riequilibrare i conti, trascurando magari di utilizzare queste nuove entrate per investire sul nuovo. Poi è finito lo spazio nelle librerie degli italiani, e si è dovuto iniziare a lavorare sul conto economico.
      A questo punto dunque diventa necessario fare una cosa che ha molti nomi perché è sempre scomoda, spesso spiacevole e a volte addirittura dolorosa: razionalizzare, reingegnerizzare, liberare risorse … tagliare i costi, per riportare i conti in equilibrio, e se possibile investire nel nuovo.
      Il problema è valutare cosa e come tagliare. I manager “illuminati” cercano di individuare quelle parti dell’azienda (strutture, processi, procedure) che producono meno valore di altre (a volte non ne producono affatto), per eliminarle e utilizzare i risparmi in modo da creare, appunto, valore. Suona bene e in effetti è possibile. Quante riunioni, comitati, tabulati, processi inutili ci sono in azienda? Ancora meglio, si possono fare alcune cose in modo nuovo, utilizzando la tecnologia e cambiando i processi: faccio di più con meno perché lo faccio meglio. Questa della correzione bozze peraltro mi pare cosa che appartiene a questa categoria, perché non riesco a credere che non si possa gestire il problema se non in modo così ancien régime che avere qualcuno che controlla parola per parola il lavoro fatto da un altro. Infine, si può analizzare il portafoglio prodotti per capire quelli che danno un contributo positivo a livello di margine, e quelli che invece ormai non tengono più sotto il punto di vista del mercato e/o del margine.
      I manager “meno illuminati” invece tagliano dove è più facile tagliare; ad esempio dove c’è meno tutela sindacale, perché sanno che le resistenze saranno più facili da superare e che loro stessi saranno chiamati in causa di meno da un punto di vista personale e ne usciranno con una immagine migliore. Triste, ma c’est la vie. Come ricordava Manzoni, non sempre le cose sono come appaiono, quando si parla di oppressori e oppressi.
      E se i ricavi nonostante tutto continuano a calare?
      E’ questa la situazione dell’editoria: i ricavi continuano a calare, i risparmi sui costi dopo un po’ non bastano, e le nuove entrate sono difficile da realizzare. Come cavarsela? Di nuovo, una risposta chiara e completa non ce l’ha nessuno.
      Intanto però, tra zero e cento ci sono molte cose che si possono fare qui e adesso. Guardare alle indagini sul modo in cui le case editrici investono sull’on-line è deludente. Posso anche pensare che sarà una gara difficilissima e che sarà altrettanto difficile vincerla; ma ciò non mi esime dal prepararla seriamente, da allenarmi con dedizione e infine da scendere in gara con grinta e determinazione.

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