È il titolo di una vecchia canzone; è anche la traduzione approssimativa del nome di un gruppo vocale femminile americano di colore, scorto anni fa in tv: nome bellissimo, a sottolineare che la musica è struttura connettiva e forma geometrica, oltre che sostanza delle onde che percorrono l’aria.
Il ricordo del gruppo che cantava “a cappella”, e la riflessione che segue, me la sollecita il libro che sto leggendo e giò citato in un post precedente, in passaggio in cui Carrière sostiene che il cinema non è nato con la macchina da presa, ma con il montaggio. I primi “film” consistevano in un piano fisso di un palco su cui si recitava: non ancora cinema, ma solo teatro in movimento.
Il cinema nasce con le inquadrature e con il montaggio che le struttura. Il tempo si dilata o si accorcia rispetto a quello della proiezione; un secondo che dura un minuto, un giorno che dura un’ora.
Lo stesso succede quando la radio sfocia nella televisione. Il primo telegiornale era un “giornale radio in video”. Così come il primo giornale on-line è uno sfogliabile. “E'” e non “era” perché purtroppo dopo anni quella fase non è ancora finita. Poi intervengono il montaggio, il ritmo, le inquadrature, la scansione, l’impaginazione …
Le prime testate che vanno su iPad soffrono della stessa sindrome mimetica. Qual è dunque il “montaggio” proprio dei tablet? Perché è lì la sostanza che cra il nuovo medium e che fornisce un diverso e più ricco modo di servire informazioni. Forse è l’informazione come app? Semplice, atomica, fruibile in modo decontestualizzato, reticolare, sociale, localizzato?